Atheism and Jewish mysticism. Furio Jesi’s interpretation of Gershom Scholem
Abstract
Furio Jesi (1941-1980) was a poet, mythologist, archeologist, historian of religion and ideas, and a scholar
of the survival of myths in the modern era. Jesi’s attentive reading of certain works of the historian of religion Gershom
Scholem bore fruit in his writings of the Sixties and Seventies, in both apparent and subterranean ways. Jesi’s “atheism”
reveals its profound religiosity (or theological seeking) in citing the doctrine of Isaac Luria, received through Scholem’s
writings (Major Trends in Jewish Mysticism, 1941), of a God who retires into the abyss of his Nothingness, contracting
himself (withdrawing through Tzimtzum) so as to make space for Creation, and thus for a relation between mankind and
the world, between one individual and another, and between the individual with a transcendent and absent God. Jesi’s
essay Il miracolo secondo ragione contains numerous citations from Major Trends and raises an issue which Jesi felt to
be insufficiently investigated by Scholem, that of the link between the Sabbatean and Frankist phenomena and the
Enlightenment, as well as that between Enlightenment rationalism and marranism. The antinomianism of the Sabbateans
and Frankists (breaking the old law to make way for a new one, just as God withdraws into exile from himself to make
way for creation) is at the base of a disturbing interpretation of Mircea Eliade and the ideology of the Iron Guard. Their’s
idea of taking on itself the guilt for the destruction of the Jew closely would indicate “paradoxical coincidences between
the mystical self-portraits of the persecutors and the persecuted” (Jesi, Cultura di destra, 2011, p. 74).
Furio Jesi (1941-1980), poeta, mitologo, archeologo, storico delle religioni e delle idee e studioso della
sopravvivenza dei miti nella modernità, legge alcune opere dello storico delle religioni Gershom Scholem con attenzione
e il frutto di questo studio si trova, a volte in modo sotterraneo, a volte evidente, nei suoi scritti degli anni ’60 e ’70.
L’“ateismo” di Jesi rivela la sua profonda religiosità (o ricerca teologica) riferendosi alla dottrina di Isaac Luria, recepita
attraverso gli scritti di Scholem (Le grandi correnti della mistica ebraica, pubblicato in Italia nel 1965, e poi La Kabbalah
e il suo simbolismo, 1960, edito in Italia nel 1980 e recensito dallo stesso Jesi), di un Dio che si ritira nell’abisso del suo
Nulla, contraendosi (ritirandosi attraverso lo Tzimtzum) per far spazio alla Creazione, al rapporto dell’uomo con il mondo,
dell’uomo con l’uomo, e dell’uomo con un Dio trascendente e assente. Il saggio jesiano Il miracolo secondo ragione
contiene numerose citazioni da Le grandi correnti della mistica ebraica e affronta un tema secondo Jesi non indagato
adeguatamente dallo stesso Scholem, quello del legame tra il fenomeno sabbatiano e frankista e l’illuminismo, e poi tra
il razionalismo illuministico e il marranismo. L’antinomismo dei sabbatiani e dei frankisti (si infrange la vecchia legge
per dar luogo alla nuova, così come Dio si ritrae in esilio da sé stesso dando luogo alla creazione) è alla base di
un’interpretazione sconcertante di Mircea Eliade e dell’ideologia della Guardia di Ferro. Nell’assumere la colpa della
distruzione dell’ebreo su di sé, l’ideologia della Guardia, a cui Eliade è vicino negli anni ’40, indicherebbe, secondo Jesi,
«paradossali coincidenze fra gli autoritratti mistici dei persecutori e dei perseguitati (Cultura di destra, 2011, p. 74».
Keywords
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PDFDOI: http://dx.doi.org/10.12869/TM2024-2-02
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ISSN 2282-0043 - Registered at the Court of Rome on Nov. 8, 2012, no. 305/2012
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